lunedì 7 ottobre 2019

Belenos il grande dio celtico del sole., Ercole il protettore dell'Italia e il mistero del Gargano


Per i Celti il bosco sacro era il nemeton, termine che deriva dalla stessa radice di nemus. Questo nemeton celtico era il “drunemeton” , il boschetto sacro di querce (  gli unici santuari dei Britanni insulari e dei Germani), luogo di riunione e di culto delle tribù celtogalate. Più in generale  era il “tempio druido” in mezzo alle foreste, appartato dal gruppo sociale del quale era tuttavia il completamento spirituale indispensabile. Gli scrittori romani ricordano il Gargano coperto da un'unica immensa distesa di foreste, il “Nemus Garganicum” e Virgilio cita il Gargano e lo definisce “Nemetun Garganum” foresta Garganica.
Si usavano spesso anche i dolmen ( ad es. quello di Molinella a Vieste distrutto da uno sbancamento nel 1981 <<dolmen-Cippoloni Sampò – 1981>>) ed i menir megalitici, già realizzati dalle precedenti civiltà, per rappresentare una continuità tra l’uomo ed il firmamento.

Su pietre tombali risalenti al VII-VI sec a.c. , oggi custodite presso il museo di Manfredonia, rinvenute tra la foce del Cervaro e quella del Candelaro, dove probabilmente sorgeva la Siponto preromana. In esse si trovano di versi elementi iconografici che fondono fatti di vita quotidiana e scene di combattimento, in cui i guerrieri indossano elmi tipici della tradizione celtica.

Le credenze relative al boschetto sacro di Barenton , dove si era ritirato Merlino, esplicitano la funzione rappresentata in passato dai nemeton celtici. Del resto Barenton è la deformazione di Belenon, Belenus e/o BELENOS, il dio solare Gallico e protettore delle pecore e del bestiame ( la più importante divinità della Gallia fino al 2.000 a.C., il suo culto era diffuso “ nell’ex X Regio Agustea “ ad Aquileia, da cui deriva il culto Mitraico, raffigurato in una grotta con mantello, mentre viene sacrificato un toro e ai suoi piedi vi è uno scorpione ) il cui culto era diffuso nel nord/est d’Italia e in Liguria. 


BELENOS è il padre di GARGAN dio silvestre . GARGAN è il pino con il quale Merlino è in stretto rapporto nella leggenda , al punto di essere considerato il progenitore del Garganatua di Rabelais << Jacques Brossé – Mitologia degli Alberi – p. 164>>. 


 I Romani identificarono indistintamente con Apollo, dio solare, una schiera di differenti divinità galliche tra cui, in particolare, Belenos.

Ed infatti per i Galli la loro divinità <<Henri Dontenville – Mythologie française>> era un essere che era Padre e Figlio a un tempo. Come Padre, si chiamava BELENUS; equivaleva sostanzialmente ad Apollo della cultura mediterranea, era il grande dio solare originariamente adorato dalle popolazioni pre-indoeuropee. In qualità di Figlio era sentito come più vicino alla terra, in qualche modo legato alle pietre, agli alberi e alle acque; si chiamava GARGANO.

Il territorio francese, per limitarci a questo, è costellato di luoghi il cui nome si collega etimologicamente a quello di Belenus ( o Belen in francese) o diGARGAN. Si tratta, a seconda dell’evoluzione fonetica delle varie zone, antiche roccheforti dei Galli, Gergobina e Gergovie; a Guérande, il castello Gorgon; si tratta di fiumi: Gorganne, Gorgonne, Gargonne, Gargonde; di alture: Gargatte, Jariatte…


Non è raro che i due nomi si affianchino; oppure – e può essere ancor più sintomatico – non lungi dal luogo che richiama Belenus sopravvive (o sopravviveva fino a poco fa) una leggenda popolare il cui eroe è un gigante perlopiù chiamato Gargantua.

Purtroppo sappiamo ben poco dell’antico Gargantua. Dovette essere un personaggio di una certa importanza se, come nota Markale, la toponimia francese presenta una gran quantità di luoghi detti «passo di Gargantua», «poggio di Gargantua» e simili. Ritroviamo inoltre questo nome in toponimi quali il Mont Gargan nel Limousin, il Livry-Gargan nella regione parigina e persino nel nome del Monte Gargano in Italia <<Markale 1985>>.

Beleno in Francia è un altro protagonista della venerazione del popolo celtico-cristiano è san Michele Arcangelo, l’angelo guerriero che brandisce la spada ed abbatte il dragone, a cui sono dedicati numerosi santuari in tutta Europa, come quello famoso di Mont-St.-Michel, in Francia, un tempo luogo sacro ai Druidi con il nome di “Mons vel tumba Béleni” ossia  Monte e tomba di Beleno.

Il celebre Mont Saint Michel fino al XIII sec portava ancora il nome di Mont Gargan ( all’epoca il Gargano era individuato con lo stesso nome Monte GARGANUS o Monte Gargano ) e la roccia vicina si chiama ancora oggi Tombelaine, ossia tumba Beleni, la tomba di Belenos.


Nella basilica di San Michele a Monte Sant’Angelo sulle iscrizioni sulle mura, l’analisi dei nomi, fatta dagli studiosi dell’Università di Bari, denota una netta prevalenza di popolazioni longobarde. Vi sono tuttavia anche iscrizioni incise nell’antico alfabeto runico che tramandano nomi dell’area britannica. Certo è che tra la fine del IV e l’inizio del V secolo la grotta del Gargano era già sede di culto, come attestano alcune iscrizioni dalle quali si ricava che già esisteva al riguardo un pellegrinaggio di una certa portata.

Parrebbe infatti che l’angelo della tradizione cristiana incarni le caratteristiche del dio luminoso Lugh-Belenos, un dio che esprimeva la funzione guerriera e sacerdotale .

Tra l’altro l’analogia molto stretta fra il testo dell’Apparitio sancti Michaelis e quello della leggenda della fondazione di Mont – Saint-Michel detto “au péril de la mer”: che il luogo si denominasse, ancora alla fine del Medioevo, “Mont GARGAN”,è stato posto nel folklore francese in rapporto con un mitico figlio del dio Belenos cui si attribuiva appunto quel nome, e che è che è divenuto poi il gigante Gargantua.

Gargantua, questo personaggio sembra essere stato uno degli Dei più importanti; il suo dominio superava l’area di estensione dei Celti forse la sua origine risale al periodo pre-celtico, cioè a quello megalitico.
Esso infatti è sempre legato ai menhirs o ai dolmens, che la tradizione popolare considera suoi giocattoli.
Nelle cronache del XII sec, Giraud de Cambrie lo identifica come figlio di Belenos, ma non si hanno notizie antecedenti sull’origine di questo Dio.

La presenza del gigante, così consistente in tutta la Bretagna, è riconoscibile anche in molta parte della Francia e persino in Italia: basti pensare al Gargano in Puglia.
Grande mangiatore e bevitore, capace di incredibili prodezze aiutato dalla sua grande corporatura, Gargantua era un gigante buono; in tutte le tradizioni egli appare sempre benvoluto, simpatico e le cristianizzazione non è mai riuscita a intaccare questa reputazione di Dio bonario e allegro.


Secondo alcuni studi la figura del Gigante Gargano nell’italia meridionale conciderebbe con la figura di Eracle (Ercole).

Fonte: https://www.turismovieste.it/etimologia-del-nome-gargano/

Né uomo né dio. La grande saga di Ercole. La giovinezza

Il libro di  Simone Sarasso su Ercole


       Ercole e Gargantua stesso personaggio



il cui culto era diffuso nel nord/est d’Italia , da cui deriva il nome della città di Belluno

BELENOS è il padre di GARGAN dio silvestre . Gargan  è il pino con il quale Merlino è in stretto rapporto nella leggenda , al punto di essere considerato il progenitore del Garganatua di Rabelais

Gargagnago (VR), Gargazon (Bz), Gargagnao (BS) , Gargaro (GO).


Beleno in Francia è un altro protagonista della venerazione del popolo celtico-cristiano è san Michele Arcangelo, l'angelo guerriero che brandisce la spada ed abbatte il dragone, a cui sono dedicati numerosi santuari in tutta Europa, come quello famoso di Mont-St.-Michel, in Francia, un tempo luogo sacro ai Druidi con il nome di Mont Bélaine, il Monte di Belenus.
Parrebbe infatti che l'angelo della tradizione cristiana incarni le caratteristiche del dio luminoso Lugh-Belenos, un dio che esprimeva la funzione guerriera e sacerdotale .



Gustave MoreauSan Giorgio e il drago, 1889/90, National Gallery, Londra


 '' Vi aspettiamo dalla Notte dei Misteri, Fin dai tempi del sogno oscuro. Tu sei nato e la parola è venuta alla luce. O Belenos, re di tutti i clan della Celtia. Meraviglioso, regale e divino... La tua luce scaccia la paura, la malattia e la carestia. La tua luce è fortuna, ricchezza e promessa... L'alba dopo l'alba, una lunga vita a guardare l'alba. O Belenos, re di tutti i clan della Celtia. Meraviglioso, regale e divino... Benvenuta, Belenos. Vedi omaggio, venerazione e amore Che noi per te. E i re e i popoli della Celtia. O Belenos, re di tutti i clan della Celtia. Meraviglioso, regale e divino...''    Fonte Contoutos Atrebate

http://luniversdulfin.over-blog.com/2018/08/belenos.html



Com’è risaputo, coerentemente con la concezione arcaica del tempo ciclico, le popolazioni celtiche immaginavano l’anno come una ruota, al punto che essi avevano un solo termine per definire questi due concetti. La ruota dell’anno, ai fini dell’impostazione del calendario sacro e dell’individuazione delle principali celebrazioni collettive, veniva suddivisa tenendo conto dei solstizi e degli equinozi, e particolare importanza era conferita alle quattro date ad essi intermedie: Samhain (1 novembre), Imbolc (1 febbraio), Beltane (1 maggio) e Lammas (1 agosto). Le feste rurali inglesi (Wakes, «veglie») in epoca medievale si svolgevano tra marzo e ottobre, ovvero nella stagione del raccolto, a seconda della data del santo patrono locale.

Nell’Irlanda celtico-gaelica, la celebrazione rurale di inizio agosto si chiamava Lughnasadh, ovvero  «le nozze di Lugh» oppure «messa in onore del dio Lugh o Llew». Gli Anglosassoni la denominarono Lammas, da loaf-mass, «messa dei pani», con allusione alla mietitura e all’uccisione del dio del grano [Graves 204]. Secondo la tradizione irlandese, fu lo stesso dio Lugh ad istituire questa festività, che consisteva in una grande assemblea nella pianura di Meath, in onore della madre adottiva Taultiu (equivalente alla Brigit dei Galli), divinità tellurica della fertilità [Markele 86]. Pare che Lughnasadh fosse innanzitutto una festa regale: il re vi presiedeva corse di cavalli e certami poetici («Giochi di Tailltinn»), ma non vi erano né combattimenti guerrieri né sacrifici rituali [Markele 190]. Si supponeva, infatti, che il re, in questo periodo dell’anno, fosse giunto—proprio come il Sole che egli rappresentava in terra—al massimo della sua potenza.






Nell’Irlanda celtico-gaelica, la celebrazione rurale di inizio agosto si chiamava Lughnasadh, ovvero  «le nozze di Lugh» oppure «messa in onore del dio Lugh o Llew». Gli Anglosassoni la denominarono Lammas, da loaf-mass, «messa dei pani», con allusione alla mietitura e all’uccisione del dio del grano [Graves 204]. Secondo la tradizione irlandese, fu lo stesso dio Lugh ad istituire questa festività, che consisteva in una grande assemblea nella pianura di Meath, in onore della madre adottiva Taultiu (equivalente alla Brigit dei Galli), divinità tellurica della fertilità [Markele 86]. Pare che Lughnasadh fosse innanzitutto una festa regale: il re vi presiedeva corse di cavalli e certami poetici («Giochi di Tailltinn»), ma non vi erano né combattimenti guerrieri né sacrifici rituali [Markele 190]. Si supponeva, infatti, che il re, in questo periodo dell’anno, fosse giunto—proprio come il Sole che egli rappresentava in terra—al massimo della sua potenza.


Il sacrificio del primo raccolto («l’uccisione di Lugh», il «Re del Grano») permetteva in altri termini che il resto della stagione dei raccolti non subisse l’effetto funesto dei «giorni del cane». Questo periodo critico andava dagli ultimi giorni di luglio all’equinozio di Settembre. Con queste offerte, i Celti erano soliti enfatizzare simbolicamente la relazione simbiotica e reciproca tra il consorzio umano e la natura.


Se bisogna riconoscere che Lugh non è né il dio primordiale, né il dio delle origini, né tantomeno il re degli dèi, egli è tuttavia al di sopra di tutti gli altri, e “da solo incarna in sé l’insieme delle funzioni divine che, nell’ottica del druidismo, sono anche, fondamentalmente, le funzioni che l’umanità deve assolvere per realizzare l’unità del mondo in alto e del mondo in basso, unità senza la quale il Caos (ovvero, i Fomori della mitologia, ndr) domina” [Markele 89].

Dei Tuatha Dé Danann, egli possiede la “potenza organizzatrice, socializzata e spiritualizzata all’estremo”, ma vi aggiunge la forza bruta e istintiva dei Fomori, forze caotiche della mitologia celtico-irlandese. In altre parole, Lugh si presenta come una vera e propria sintesi di due forze contrapposte che si oppongono e si combattono: l’incarnazione stessa di un principio monistico, derivante dal rifiuto tipicamente celtico di interpretare la dualità come assoluta

Egli è al tempo stesso l’ambiguo trickster e il «Portatore di Luce in quanto appartenente alle due categorie divine del pantheon celtico, “consente al mondo di trovare il suo equilibrio, privilegiando le forze organizzate (i Tuatha) e governando le forze istintive (i giganti Fomori) [Markele 84].Secondo una leggenda riferita dallo pseudo-Plutarco, la fondazione di Lione venne determinata da un presagio: il luogo venne designato da uno stormo di corvi [Markele 85]. E qui bisogna notare come il corvo fosse l’animale sacro a Lugh (così come ad Apollo e al nordico Odino). Ciò può sembrare paradossale, vista la natura prettamente luminosa del dioDe Vries aggiunge che, nell’antico idioma gaelico, lugos significava «corvo»

 il mito sia meno noto, si dice che anche Apollo venne precipitato sulla terra da Zeus, in seguito alla sua rivolta contro i ciclopi, milizia del dio olimpico, rei di aver ucciso il figlio Asclepio, dio della medicina e figlio di Apollo. Per questo atto di hybris, Apollo venne infatti condannato dal padre degli dèi a trascorrere un «grande anno» sulla Terra, a pascolare le greggi dell’umanità, vale a dire a prendersi cura dell’uomo e della sua evoluzione spirituale per la durata di un intero eone

Non vi sono dubbi che Lugh si sia sovrapposto, in epoca arcaica, al dio proto-celtico Beleno (o Belanu), divinità della luce (dal protoindoeuropeo *bʰel-, «luce»), uno dei maggiori e più influenti tra gli antichi dèi europei, per il quale si eseguivano sacrifici e riti collegati ai solstizi e perciò ai cicli solari dell’anno, la cui compagna era la dea del fuoco Belisama, alla quale era stato anticamente eretto l’altare sacro su cui venne in seguito edificato il Duomo di MilanoL’antichissima radice bel, presente in molteplici protolinguaggi, secondo alcune fonti avrebbe il significato trascendentale di «apparire dall’altro mondo» e di «illuminazione dal mondo degli Dei»


come Lugh nel suo aspetto mercuriale, egli sovrintendeva sull’illuminazione della psiche nell’accezione spirituale e mentale come guida alle innovazioni e invenzioni. Beleno sembra anche connesso etimologicamente alla festa rituale di Beltane

Inoltre, come notò per primo De Vries, Lugh presenta anche diverse caratteristiche che ne permettono l’identificazione parziale con l’Odino/Wotan della tradizione germanico-norrena. Non è d’altronde un caso se, nella stessa data in cui i Celti festeggiavano la «luna del raccolto», ovvero la festa di Lugh e di sua madre Taultiu, i Norreni celebravano il matrimonio sacro tra Odino e Frigg '' 

https://hyperborea.live/2019/06/19/la-sapienza-di-eibon-la-festivita-di-lughnasadh-lammas-e-il-dio-celtico-lugh/amp/

Lugh


Lugh





Loki, chiamato anche Loke o  Loptr , è forse il più enigmatico dei molti personaggi che popolano i miti pagani sopravvissuti del vecchio popolo norreno, i cui dettagli sono in gran parte conservati nel corpus sopravvissuto della letteratura medievale noto come Edda e Saga . In alcune di queste poesie e racconti Loki appare come un avventuriero e un compagno leale e utile agli dei, ma alla fine sembra "diventare cattivo" e funzionare come un omicida e un ribelle che sfida la loro autorità.

Incarna se stesso, come forse è suggerito nell'origine del suo nome, nel concetto di  Logos o 'Ragione'.

Naturalmente, i miti scritti esistenti su Loki provengono da un'era cristiana e furono scritti da persone interessate a incorporare le leggende dei loro antenati in questo nuovo continuum intellettuale. È del tutto possibile che Loki sia ritratto in questi leggendari miti come analogo all'idea biblica e cristiana di Satana o del Diavolo come tentatore e confonditore dell'umanità. Tuttavia, un altro aspetto di questa personalità mitologica metamorfica è quello di funzionare come un confonditore degli dei pagani ,e come tale potrebbe aver rappresentato una sorta di antieroe per un pubblico cristiano del XIV secolo. Di tutti gli dei e le loro virtù, che si tratti della forza di Thor o della saggezza e dell'astuzia di Odino, il suo è forse il più vicino alla fallibile condizione umana. Di solito è la sua lingua a metterlo nei guai, a sua volta convincendolo in una forma di azione disperata con la quale spera di rimettersi in sesto

La poesia Lokasenna ("Loki's Quarrel") è un caso esplicito in cui Loki è al centro della scena per criticare tutti gli dei durante una festa a cui arriva senza essere invitato. Tra gli altri insulti scelti, critica in qualche modo piamente la loro moralità sessuale, in particolare quella delle divinità femminili. Questo di per sé segna la sua esibizione come potenzialmente cristiananel suo intento, e certamente di interesse per i dirigenti delle chiese medievali desiderosi di consolidare il loro potere e ridurre il rischio di conflitti familiari nelle dinastie irlandesi e norrene, risultanti da monarchi che hanno molte concubine e bambini bastardi. Per le sue trasgressioni, Loki è infine legato alle pietre con le viscere di suo figlio e costretto a sopportare che il veleno gli goccioli addosso - una scena in qualche modo che ricorda sia la crocifissione di Gesù che la punizione di Prometeo. In Gylfaginning, Snorri afferma che Loki è così punito per aver causato la morte di Baldr - il tema dell'uccisione dei parenti di nuovo.

bra essere esposto su una serie di croci commemorative sincretiche dell'epoca vichinga sopravvissute dall'Inghilterra, sta dicendo che la funzione di Loki era vista in qualche modo analoga a quella di Cristo. Infatti,Völuspá ci dice che Loki sfuggirà a questi legami e tornerà alla testa delle schiere infuriate di trollfolk e giganti per rovesciare i vecchi dei - un altro tema con distinti parallelismi con la credenza cristiana nell'apocalisse e nella seconda venuta di Cristo.




Belenos 




Le sue attività rinnegate, i genitori misti e le avventure ricordano l'irlandese  Lugh Lámhfhada  con cui Loki ha una stretta somiglianza nel nome e alcuni attributi mitologici. Lugh era, nella mitologia irlandese, il leader della "cavalcata fatata", così come Loki guida la grande carica di Jötunheim  a Ragnarok. I nomi di Loki e Lugh sembrano derivare da una comune radice linguistica prot indo-europea:  leuk , che significa "luce lampeggiante", essendo la radice delle parole latine  lucis (luce reale) e lux (luce spirituale) e il vecchio norvegese loghi  peggiori (fuoco) e la parola greca per "bianco" o "brillante". Il dio Aplu uragano / luwiano (anatolico) e le sue controparti greca ed etrusca: Apollo e Apulu contengono rispettivamente anche il designatore -lo / -lu. Loki certamente infuria come un fuoco indomabile nelle narrazioni norrene, ed è notevole che guida l'esercito di giganti fuori da Muspelheim(terra dei giganti del fuoco) durante l'evento Raganrok. Come l'uragano Aplu e l'Apollo greco, le azioni di Loki causano panico, sgomento e disagio. Laddove si credeva che Apollo avesse usato le sue potenti frecce per infliggere malattie, Loki creava la lancia o la freccia di misteltoe con cui Hermod avvelena / uccide Baldr, mentre Lugh Lámhfhada era un lanciatore di lance. Sembra, almeno superficialmente, un collegamento. Sia Lugh che Loki sono imbroglioni, proprio come il fratello di Apollo, Hermes, ed entrambi certamente vanno in giro in missione in un modo simile al dio greco .

Il concetto che John sta incarnando con la parola greca Koine λογος, tradotta nella Bibbia del KJV come "Parola" è molto più che l'idea di "parola come cosa", ma invece più vicina a "parola come significato" o "ragione" '. A Zenone di Citium (III sec. A.C.) e alla scuola filosofica stoica, il Logos incarnava il principio di animazione divina o la ragione dietro la natura e l'esistenza, a cui l'uomo dovrebbe sforzarsi di conformare i suoi pensieri e le sue azioni per vivere una vita sublime. Questo è il senso in cui Giovanni impiegò il termine, tranne per il fatto che il suo ordine divino era espresso attraverso una divinità monista il cui Logos si era manifestato in un uomo: Gesù Cristo. Il suo confronto tra il logo divino e la luce divina non era di per sé un nuovo concetto, essendo derivato da idee orientali che sono state filtrate sul serio nel continuum greco attraverso l'Asia Minore (in particolare Lidia e Ionia) con l'espansione dell'impero achemenide durante il VI secolo a.C. Platone di Atene scrisse di questo in particolare, collegando l'idea di luce a quella dell'anima (che dava senno), alla ragione e al pensiero. Di tutti gli dei greci, questi concetti si incarnarono nel dio solare Apollo, che egli stesso aveva origin

apparentemente noto a Omero - in Asia Minore, precedente agli achemenidi,
fonte : https://atlanticreligion.com/2016/11/09/loki-lugh-and-logos/





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Eclion and Belenos Lo Hobbit





Belenos 

LUG, o LUGH, chiamato LLEU dai gallesi, è, insieme al Dagda, il più grande dio del pantheon celtico irlandese. Occupò anche il posto più alto nel pantheon celtico dei Galli, dove fu onorato con il nome continentale di LUGOS (variante latinizzata: LUGUS). Le numerose tracce che ha lasciato in toponomastica ne attestano l'importanza, la più famosa delle quali è la città di Lione (Lugdunum: fortezza di Lugos, e "capitale dei Galli" in epoca gallo-romana), o Laon, Loudun, Leiden e Lipsia, che sono tutte "Lugdunum"). Ricordiamo anche il caso del tempio di Mercurio, in cima al Puy de Dôme, dove in origine si trovava un santuario dedicato a Lugos, poi trasformato in epoca gallo-romana nel tempio di Mercurio-Lugus. I Romani la identificavano con il loro Mercurio, e infatti, Lugos / Lugus è anche il protettore dei viaggiatori. Inventore di tutte le arti, è un dio fuori funzione, versatile, perché è l'Artista Multiplo. Egli incarna il potere della radiazione solare come fornitore di vita e di luce. La radice "Lu" si trova nella parola francese "lumière", così come nella parola spagnola "luz", e anche nell'inglese "light" e nel tedesco "Licht", che suggerisce una radice indoeuropea molto antica. È il portatore di luce che genera vita e induce chiarezza, ma non ne incarna i poteri curativi. La dimensione curativa e fisicamente rigenerativa della luce è incarnata da un'altra divinità solare ben nota, Bel o Belenos. Lug/Lugos, invece, è la luce personificata. È anche una divinità guerriera, che presenta inquietanti analogie con il Wotan/Odino del pantheon germanico-nordico: come quest'ultimo, ha un occhio solo, porta una lancia magica, ed è accompagnato da corvi, animali sacri simili a Huginn e Muninn, che sono tra i suoi attributi. Di solito è anche accompagnato da due lupi, come Geri e Freki. Le somiglianze tra la tradizione celtica e quella germanica sono così evidenti che c'è motivo di interrogarsi su una filiazione spirituale e culturale. Lug / Lugos è onorata come parte di un'importante festa del calendario celtico, Lugnasad (o Lughnasadh), che si celebra intorno al 1° agosto.

Fonte : http://waru-wulf.eklablog.com/lug-lugos-le-mercure-gaulois-proche-du-wotan-germanique-a118338184



Belenos 






BELENOS (Bel o Belenus o Belinus) Beleno (Belin)

Belenos = lo splendore, il pulito, il dio del sole (Galli) Epiteto dell’Apollo dei Galli. Il Dio è collegato al fuoco come elemento trasformatore. Dio della luce, protettore delle pecore e del bestiame. Sua sposa è la dea Belisama. Sono figure assimilabili alle divinità classiche Apollo e Minerva. Assimilabile al Dio irlandese Lugh, e al Dio Gallese Llew.

Beleno (Belin) è il Dio solare e luminoso, protettore delle pecore e del bestiame, ed è ritenuto uno degli antichi dei celtici più diffusi in Europa. Il poeta gallo-romano Ausonio di Bordeaux nel VI sec d. c. afferma che anche a Bordeaux, oltre che ad Aquileia e in altre zone d’Europa, c’era un tempio dedicato al Dio Beleno.

BELISAMA o Belasama (Britanni) È la dea “molto brillante”, epiteto dato alla Minerva gallica. Dea del fiume Ribble presso le tribù britanne. Sposa di Beleno. Belisama = la dea splendente, la luna.



Charles Meynier: English: Apollo, God of Light, Eloquence, Poetry and the Fine Arts with Urania, Muse of Astronomy



BELTAINE

Beltine. Questa parola è celtica e significa “fuoco” e viene collegata al dio Beleno, venerato nella Gallia sud-orientale, in Italia settentrionale, nel Norico. In Friuli è stata chiaramente individuata: sono state contate 54 epigrafi scoperte in Aquileia [vedi http://www.archeologhia.com/CIL/txt/Inschriften/cil05/insaqu-1.txt ] e dedicate al dio Beleno (I-III secolo dell’impero), altre epigrafi sono state rinvenute a Barbana, nella Laguna di Grado, a Concordia e a Zuglio in Carnia.

(Tratto da: Tito Maniacco, Storia del Friuli, Newton Compton editori, 1985)

LA FESTA DI BELENO.

È una delle quattro feste dell’anno celtico e si svolge il 1° maggio. Significa letteralmente “fuoco di Bel”. In questo giorno giunsero i diversi invasori dell’Irlanda, secondo le cinque invasioni descritte nel Libro delle Conquiste. La festa è carica di simbolismi solari e ignei. In questo giorno venivano bruciati i fantocci antropomorfi in vimini pieni di vittime umane. Esso segna l’inizio del ciclo diurno e solare, il momento in cui il bestiame si avvia al pascolo. È parimenti una festa sacerdotale della massima importanza, in cui il re supremo d’Irlanda riaccendeva il fuoco sacro insieme ai suoi druidi e che veniva festeggiata con giochi e banchetti.

Chi avesse osato riaccendere il fuoco prima del re sarebbe morto immediatamente, cosa che san Patrizio fece impunemente determinando così molti a convertirsi al cristianesimo.

Beltane e Beleno Beltane (la notte che precede l’alba del il 1° Maggio) è la festa dedicata al “Fuoco di Bel” come dice il nome, che richiama il Belenus Gallico, dio della Luce, segna la fine dell’Inverno e l’inizio dell’estate. Con l’annuncio della buona stagione, Beltane, per un popolo guerriero come i Celti, segnava anche l’inizio delle scorrerie e delle glorie d’armi.

BELENO AD AQUILEIA

Beleno è una divinità panceltica, il cui culto è sempre associato alle acque, ai complessi termali, alle pratiche di medicina e all’oracolo. Beleno è il dio della rinascita.

Esiste un profondo legame tra Aquileia e il culto di Beleno, tanto che si può affermare che questa doveva essere la principale divinità aquileiese. Tra l’altro Aquileia non era nuova a sincretismi culturali, data la sua posizione chiave – fin dall’epoca preistorica – nel crocevia tra l’area alto adriatica ed il mondo norico, retico, pannonico, danubiano.

Beltane e Beleno

Nel 238 d.C. i soldati dell’imperatore Massimino cingono d’assedio Aquileia: la città è stremata ma non cede. Ascoltiamo il racconto di Erodiano: “Questo si diceva del resto all’inizio della guerra: che [gli aquileiesi] erano rimasti fedeli perché dentro la città c’erano molti che si occupavano dell’altare del sacrificio ed erano esperti di lettura del fegato, e annunciavano i sacri auspici; gli italiani infatti credono moltissimo in questo tipo di indagine. E diversi responsi dicevano che il dio protettore della terra prometteva la vittoria. Chiamano questo [dio] Beleno, e lo venerano grandemente; pretendendo che sia Apollo. Dicevano alcuni dei soldati di Massimino che la sua immagine era apparsa spesso nell’aria combattendo sopra la città”.


Apollo


Un’altra fonte riporta una versione simile: “Assediando dunque Aquileia, Massimino mandò ambasciatori in quella città: ai quali il popolo forse avrebbe dato retta, se non si fossero opposti Menofilio e l’altro console, dicendo anche che il dio Beleno per bocca degli aruspici aveva risposto che Massimino doveva essere sconfitto. Per cui si dice che anche dopo, i soldati di Massimino si vantavano che Apollo doveva aver preso le armi contro di loro, e che quella non era stata la vittoria di Massimo o del senato, ma la vittoria degli dei”.

Il culto di Beleno pare attestato sino al VI secolo dopo Cristo in area aquileiese. E’ un dio legato all’acqua e al tema della rinascita e il culto in area aquileiese di San Giovanni Battista, attestato anteriormente all’anno 390, può forse essere considerato una derivazione sincretistica di quello del dio celtico. Beleno è inoltre il dio della luce, del sole, della conoscenza, come Apollo. Ma anche come Mitra o Cristo, ambedue ben presenti nel mondo aquileiese. Dunque nel 238 d.C. vi fu la difesa di Aquileia dall’assedio di Massimino il Trace, imperatore barbaro eletto in campo di Marte. In Aquileia infatti viveva la resistenza fedele al Senato romano e per 22 giorni l’impetuosità e la forza fisica dei Celto-Karni affiora in città tanto che i cittadini resistono al forte esercito di Massimino. Erodiano racconta che il dio Beleno era stato visto combattere sulle mura insieme ai suoi devoti.


Lugh








Il culto del dio Beleno era da secoli il fulcro della religiosità dei Karni, assieme ad un nutrito pantheon di divinità che sempre hanno contraddistinto la vita mistica dei popoli celtici. Beleno (Belin) è il dio solare e luminoso ed è ritenuto uno degli antichi Dei celtici più diffusi in Europa. Il poeta gallo-romano Ausonio di Bordeaux nel VI sec d. c. afferma che anche a Bordeaux, oltre che ad Aquileia e in altre zone d’Europa, c’era un tempio dedicato al dio Beleno. I Romani lo paragonavano ad Apollo.

Nella Carnia era molto radicato anche il culto del dio Ogmios, il dio che guida le anime nell’aldilà, il dio campione; esso raffigura l’aspetto oscuro della divinità suprema e dai Romani venne identificato con Ercole, come colui che interviene in prima persona nelle vicende dei Celti rendendo sicura la via delle Alpi.

297-297 d.C. Soggiorno di Diocleziano e Massimiano, che offrono dediche al dio Beleno, nume tutelare di Aquileia. Questo periodo è legato all’ultima persecuzione contro i cristiani, che fu a lungo ricordata perché’ diede dei martiri anche in Aquileia nel 303-305. La presenza degli Augusti segna l’ultimo atto di venerazione a Beleno, che si inginocchiarono di fronte al Dio celtico, in antitesi al cristianesimo ed in omaggio al culto tradizionale. Il dio solare Beleno diventa Belinus Augustus, il nume tutelare di Aquileia. (Non si tratta di un caso raro: nell’olimpo di Roma trovarono posto gli dei egiziani ed etruschi).

Chiesa Di San Martino Alla Beligna

A quasi due chilometri a sud di Aquileia, sul lato sinistro della strada che porta a Grado, su di una leggera ma vasta altura ritenuta antico cordone litoraneo (ma da recenti indagini è risultata duna sabbiosa di origine fluviale – probabilmente afferente all’antico Isonzo-Torre-Natisone) denominata Alt di Beligna, sorgeva l’abbazia di San Martino. Il toponimo Beligna è in evidente relazione alla nota divinità indigena celtica di carattere solare e quindi purificatrice e salutare: Beleno, che era, tra l’altro, il nume tutelare di Aquileia. La località ha restituito diverse dediche a questo nume celtico, tra cui quella degli imperatori Diocleziano e Massimiano poste evidentemente nel tempio che qui sorgeva.

Beleno a Gorizia

Un tempo i nati con la camicia erano destinati a diventare Benandanti. Erano uomini e donne che si radunavano, ad ogni passaggio di stagione, armati di mazze di finocchio per combattere i Malandanti, stregoni armati di canne di sorgo. Non è chiaro se questi combattimenti avvenissero realmente o fossero dei rituali, certamente i benandanti si battevano per difendere la fertilità ed i frutti della terra, difendendo la prosperità della comunità dal destino avverso. C’è chi vuole vedere in queste figure il rinnovarsi di riti antichi legati al dio Beleno, per assonanza con il nome “benandant” o “belandant”, ipotesi certamente suggestiva… Comunque sia, si dice che i benandanti nel bosco si accompagnino agli sbilfoni.

Beleno a Zuglio (Iulium Carnicum)

Vi è una ‘epigrafe che parla della riedificazione, avvenuta verso la fine della repubblica, di un tempio a Beleno. Quest’epigrafe, tra quelle del dio a noi note, è una delle più antiche. “Se già alla fine della repubblica si provvide a rifare il tempio del dio, è ovvio concludere – osserva giustamente il Brusin – che a Zuglio il culto di Beleno fosse radicato da antica data. Ne è casuale la presenza di questa bella epigrafe, purtroppo mutila, nel cuore della Carnia, giacché Beleno, per giudizio che si può dire concorde degli studiosi, è considerato per l’appunto una divinità di origine carnica” (G. BRUSIN, Beleno. il nume tutelaci di Aquileia, in Aquileia Nostra, X, 1939, col. 2). Beltane e Beleno zuglioTale lo considera anche il Chilver (G. E. F. CHILVER, Cisalpine Gaul. Oxford, 1941, p. 191), e il fatto che Tertulliano parli di Beleno come divinità norica è stato spiegalo (3) con la supposizione che Tertulliano avesse scambialo le contrade, tra loro contigue, della Carnia e del Norico o che comunque vi si fosse espresso inesattamente. Forse invece Tertulliano ha pensato al Norico perché il paese era abitato da popolazioni celtiche. Dove sorgesse questo tempio, già alla fine della repubblica ricostruito con tanto fasto, non sappiamo con sicurezza, ma non esiterei a identificarlo con quello di cui vediamo ancor oggi le vestigia al centro del foro (4).

Beleno a Cividale (Ud)

Beltane e Beleno 008Beleno a Montecretese (Val d’Ossola)

Montecretese. Si lascia la macchina dopo il bivio per Alloggio davanti alla chiesa della Madonna di Vignale. Da qui si torna indietro a piedi e si percorre la prima strada sterrata che si trova sulla sinistra. Dopo circa duecento metri passata un terrazzamento di sassi si gira a destra inoltrandosi nella boscaglia fino ad un altro terrazzamento, si tiene la destra e si aggira la motta fino a ritrovarsi sulla parte sinistra in un pianoro dove si estende un prato incolto. A sinistra avremo un muro megalitico di età antichissima, al centro del muro si apre una camera a volta anticamente usata per seppellire i defunti. Nella tradizione celta questo tipo di camere interne ai muri megalitici servivano per la sepoltura di personaggi illustri, in quanto era diffusa la credenza che dopo sette anni le rocce avessero assorbito l’energia del morto e il luogo potesse essere utilizzato con una funzione propiziatoria anche nei confronti delle gestanti.

All’inizio del prato è possibile ammirare su due file dei menhir, questo luogo era con tutta probabilità legato al culto del sole e all’adorazione del dio Belenos, il cui culto risale all’epoca del Megalitismo ed è una delle divinità più antiche, dio pastore, guaritore e protettore delle acque termali (una fonte termale è presente anche in Val d’Ossola).
http://digilander.libero.it/cronos74/stregoneria2/domodossola.htm

Beleno a Venezia

ANNO 60 a.C. Sulla religione, l’azione della cultura romana non riuscì ad offuscare gli antichi culti: su tutti prevaleva il dio Beleno, forse di origine gallo-carnica, ma era vivo anche quello della Fonte del Timavo e di alcune divinità fluviali (Aesontius) e boschive (Silvanus). Naturalmente poi si aggiunsero quelle romane (Mars. Mercurius, ecc.). http://www.cronologia.it/mondo36a.htm

Beleno e Belluno

Non è un caso se l’antico nome di Belluno è tradotto “Città Splendente”, con riferimento non solo alla divinità celtica Beleno, dio del Sole, ma anche alle chiare acque che la lambiscono (Beleno era protettore delle acque). http://www.ascuola.it/dovesiamo.htm

Beleno a Biella

Il toponimo “Biella” deriva da “Belenus” oppure da “Bhel” che significa splendente; “Biella” da Bugella Civitas ma anche da BELENUS, Dio gallico del Sole. http://www.biellaclub.it/_cultura/storia/Yule.htm

Bugella Civitas – Antico nome della città di Biella. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è di origine latina ma latinizzato in tempi successivi. Secondo alcuni studiosi la “g” doveva essere pronunciata in modo tale che suonasse come “bujella”; secondo altri il nome potrebbe invece derivare da “Bruticella”, come veniva chiamata un’antica dimora romana. Ci sono poi altre versioni che vogliono il nome derivante da “Betulla” (”Biolla” nel dialetto locale), oppure “Biel” (dio celtico della vegetazione) e infine da “Bag” (o “Bhag”) che nell’antica lingua indo-europea significava faggio, albero diffuso sui monti e sulle colline biellesi. Non a caso l’albero di faggio campeggia nello stemma della città. http://www.encyclopedia.it/b/bu/bugella_civitas.html

Poco dopo il paese di Campiglia, nella Valle del Cervo, a 1020 metri d’altezza sorge il Sacro Monte di Andorno che ospita il Santuario di San Giovanni Battista. Beltane e Beleno biella

L’origine di questo luogo sacro è sconosciuta: attorno al Simulacro del Santo, trasportato qui in tempi antichi e venerato in una grotta naturale dove fu trovata miracolosamente la statua dell’apostolo. La statua fatta risalire al 1500 (ma che, forse, ha origini remotissime) è venerata in una “Balma” o “Barma” che, in celtico significa proprio “riparo sotto la roccia”. Dopo lo sfaldamento dell’Impero Romano il luogo sacro venne cristianizzato come dimostra il toponimo del rio Bele a monte del Santuario, probabile sito di un culto dedicato a Belenos, divinità pastorale, cui era dedicata la festa di Beltaine, ai primi di maggio, Fuoco di Bel (o “grande fuoco”) che riecheggia i fuochi tradizionali di San Giovanni, presenti in Piemonte e in altre regioni, dove rivestono significato e importanza particolari. La festa di San Giovanni coincide concretamente col solstizio d’estate.

Beleno a Bellino (Cuneo)

Nell’alta val Varaita: L’origine del toponimo si ricollega,secondo alcuni, alla divinità celtica “Belenus”, l’Apollo dei romani; per altri deriva dal termine medievale “belins”, pecore; ed infatti nel “Roman de Renart” la pecora si chiama Belin.
http://www.ghironda.com/vvaraita/comuni/belli.htm

Beltane e Beleno

Gli “altri” dimenticano che Beleno era protettore delle pecore e del bestiame … All’esterno della Chiesa di San Giacomo a Bellino è murato un concio lapideo che rappresenta un volto umano incorniciato da una raggiante massa di capelli sciolti al vento. In questa figura è parso di intravedere Belenus, il dio celtico del sole corrispondente ad Apollo, venerato in tempi lontani nelle valli alpine e dal quale potrebbe derivare il nome del villaggio. http://www.viaoccitanacatalana.org/zone/zone_dettaglio_valli_ita.asp?IDrecord=22

Belino a San Bartolemeo al Mare (Imperia)

La storia di S.Bartolomeo al Mare segue quella della zona di Diano con la quale confina strettamente. Dalla fondazione di Marsiglia (600 a.C.), i Greci cercarono sempre più di rafforzare la pressione sulla Liguria occidentale benché non siano andati oltre Monaco. I Liguri Intemeli, abitanti la costa, opponevano una tenace resistenza anche se dovevano affrontare contemporaneamente le mire dei Liguri montani. Il culto principale era legato a Belenus, dio del fuoco cui erano consacrate le feste di maggio (purificazione del bestiame).http://www.rivieraligure.it/imperia/sanbartolomeo/storiamonumentiprodotti.htm

Beleno a Taggia (IM)

Elementi più sicuri si hanno dopo che la costruzione della via Giulia Augusta, completata nel 13 a. C., collegò l’intera Riviera di ponente fino al Varo. Nei pressi di capo Don, a levante di Arma di Taggia e prima di Riva Ligure, presso la foce dell’Argentina, venne istituita una mansio o stazione stradale per il cambio dei cavalli e la sosta, detta di Costa Balenae. La foce del fiume accoglieva il porto-canale del Tabiafluvius, di cui fino al secolo scorso esistevano resti murari delle banchine, lunghe un centinaio di metri. La mansio derivava il proprio nome forse dalla divinità celtica Belenus, assimilata dai Romani ad Apollo, legata al primitivo culto del sole. Sul posto fu rinvenuta una pietra miliare, che indicava la sua collocazione a 16 miglia dalla successiva stazione di Lucus Bormani (Diano Marina).

In tempi molto remoti, prima che la conquista romana raggiungesse anche la Liguria, nel territorio di Taggia si stanziarono popoli celti e liguri. Il loro grado di civiltà raggiunse livelli avanzati tra commercianti, pastori e guerrieri. Si distinsero per coraggio e fierezza, e nel 192 a C. Caio V Minucio riusci a conquistare la zona ed inserirla nell’impero Romano. Sorse cosi una “mansio” romana, cioè una stazione di rifornimento chiamata “Costa Balena” o “Bellene” corrispondente all’attuale Capo Don. Questo curioso nome derivò dal dio celtico Beleno, venerato, un tempo, nella zona. La mansio fu quindi un centro romano importante per i traffici commerciali e per il rifornimento delle truppe che sostavano nella zona prima di andare alla conquista di nuovi territori.

Beleno a Bellusco (Milano)

Belusco, Beluselo, Bellusco, Billusco, Beluxo, Beusco.

Bellusco viene nominato per la prima volta in un atto di permuta di beni tra il vescovo di Bergamo Adalberto e il nobile lnselberto rogato nell’anno 898, e appare con la grafia ‘Belusco’. La spiegazione dei termine è incerta e la difficoltà nasce dalla varietà delle ipotesi che si possono avanzare. E’ opinione comune che la maggior parte delle località lombarde deve il proprio nome a quello dell’antico proprietario del un fondo su cui si sarebbe poi sviluppato l’abitato. A tale proposito Dante Olivieri nel ‘Dizionario di Toponomastica Lombarda’ suppone che Bellusco derivi dal nome romano ‘Bello’ con l’aggiunta dei suffisso -usco. In un articolo apparso nel 1966 sulla rivista ‘Brianza’, Virginio Riva propende invece per ‘Bellus lucus’, accennando all’esistenza di un bosco sacro (’Iucus’) e ameno nel luogo in cui sarebbe sorto Bellusco. Si potrebbe supporre anche una derivazione da ‘beluarum locus’ (luogo delle fiere), in rapporto con il carattere selvaggio e insidioso dei territorio. Il nome Bellusco potrebbe essere una forma contratta di ‘Beleni lucus’, bosco sacro di Beleno, nome di una divinità celtica del ceto rurale padano corrispondente ad Apollo. Tale ipotesi potrebbe essere avvalorata dall’esistenza di una frazione detta ‘Bellana’ e dal fatto che numerosi toponimi lombardi- veneti si rifanno ad antiche divinità locali, come Mercurago da Mercuriacum, Bergamo da un dio preromano detto Bergimus, Albano dal dio Aponus. L’ipotesi non è azzardata se consideriamo che la toponomastica lombarda è così eterea, che non esclude il bello anche se non è rigorosamente comprovato. Non è presunzione se un oscuro paese della Brianza vanta le proprie origini da un altrettanto oscuro dio celtico. http://www.comune.bellusco.mi.it

Beleno a Milano

L’1 agosto, Lugnasad, nel calendario ambrosiano è dedicato a S. Calimero Martire, predicatore che, rifugiatosi nella zona dell’attuale Porta Romana, era solito battezzare i catecumeni con le acque di una fonte dedicata a Belenos [Lorenzo Busi]. http://www.leganordcarmagnola.org/Celti/LeFesteCeltiche.htm

Beleno a Gallipoli

Gallipoli e il culto di S. Antonio di Bienna. (di Elio Pindinelli ) Cfr. J. O. FRAZER, il Ramo d’oro. i sacrifici e le feste del fuoco, Einaudi, Torino 1959; F. e D’ELlA, il falò di San Antonio. Note di folclore salentino, Martina Franca 1912

Ancora da definire è l’origine del culto di S. Antonio Abate per come andò attestandosi nel Salento in epoca medioevale e sopravvisse fino ai nostri tempi secondo una tradizione popolare e devozionistica che ha legato indissolubilmente il santo eremita al rito del fuoco. Una vastissima letteratura ha contribuito a sviluppare e diffondere del rito del fuoco in genere quei caratteri precristiani propri di culture etnico-folcloristiche legate alla pratica agraria e sopravvissute ad assimilazioni classiche, cui si lega per esempio il mito di Prometeo, o a quelle celtiche degli antichi riti in onore di Beleno. http://it.geocities.com/eliopindinelli/bienna.htm

Beleno A Villa Di Villa (Veneto)

Ed il culto d’Ercole collegato con sorgenti salutari ed oracolari, attirando a sé alcuni attributi di Apollo, deriverebbe da una componente celtica del mito. Difatti il culto del dio, che è documentato presso gli antichi Veneti dal ritrovamento di varie statuette (si pensi a quella famosissima di Contarina, di provenienza etrusca), è particolarmente diffuso presso i Galli del territorio aquileiese e carnico dove il mito di Ercole si mescola a quello di Apollo (vedi anche Lagole), ma soprattutto del dio celtico Beleno.

È evidente tutto un groviglio quasi inestricabile di attributi e prerogative che riguardano i culti delle genti paleovenete ed i loro collegamenti con quelli del mondo mediterraneo e celtico. http://www.tragol.it/flaminio/flaminio-5/3-16.htm

Beleno in Francia

Un altro protagonista della venerazione del popolo celtico-cristiano è san Michele Arcangelo, l’angelo guerriero che brandisce la spada ed abbatte il dragone, a cui sono dedicati numerosi santuari in tutta Europa, come quello famoso di Mont-St.-Michel, in Francia, un tempo luogo sacro ai Druidi con il nome di Mont Bélaine, il Monte di Belenus, e quello del Gargano in Italia. Parrebbe infatti che l’angelo della tradizione cristiana incarni le caratteristiche del dio luminoso Lugh-Belenos, un dio che esprimeva la funzione guerriera e sacerdotale.

Beleno in Spagna

Nei piccoli villaggi gli usi e i costumi sono sempre verdi, tenuti in vita soprattutto dal sentimentalismo dei molti emigrati ritornati nella madrepatria. Nelle Asturie si celebrano “fiestas vaqueiras”, tradizione di un’antica popolazione oggi praticamente scomparsa. Altre feste asturiane sono il Gurrio, a Beleno (gennaio) ..

Beleno a Lugano

Il ricordo della precedente popolazione celtica non è affatto dimenticato. Infatti il celtico nome Lugano significa “città al lago”. Il Monte S.Salvatore, che domina la città, aveva un tempo un tempio celtico dedicato al dio Beleno; da ciò, fino al XIX secolo il nome di Campo Beleno, oggi Biagno (Hardmeyer).

Beleno e il lupo in Friuli

Nell’antichità di queste terre il dio Beleno era colui che, per i Celti, ammazzava le pecore e quindi era divenuto oggetto di culto, tanto che appariva vestito proprio di lupo. (con una interessante analisi sul lupo)

Prosciutto di Sauris

Il “prosciutto di Sauris, rosso gioiello affumicato e stagionato con tecnica che risale al dio Beleno, cui fu dedicato il tempio di Iulium Carnicum (Zuglio)”

Beleno ad Altino

L’iscrizione votiva in onore di Belatukadro: L’iscrizione venetica [—]kadriako, leggibile su un frammento di cornicione con tutta probabilità pertinente ad un altare votivo databile al V-IV secolo a.C. (cfr.Scarfì – Tombolani, Altino preromana e romana, Quarto d’Altino 1985, p. 63) viene commentata ampiamente da Marinetti, [Epigrafia e lingua di Altino preromana, in La Protostoria tra Sile e Tagliamento. Antiche genti tra Veneto e Friuli, Mostra archeologica (Concordia Sagittaria Basilica paleocristiana, 14 settembre – 10 novembre 1996, Pordenone ex convento di S. Francesco, 23 novembre 1996 – 8 gennaio 1997), Piazzola sul Brenta (PD) 1996, pp. 75-80]. Beltane e Beleno 005L’epigrafe sembra integrabile con [*Belatu]kadriako, appositivo derivato dal nome del dio celtico della guerra Belatukadro, al quale potrebbe essere assimilato il dio Beleno, il cui culto è già testimoniato ad Altino (CIL, V 2143-2146). Ricorda inoltre un frammento di lamina bronzea recante iscritta parte di un nome proprio (Tombolani, Altino, in Il Veneto nell’età romana, II, Verona 1987, p. 836) pertinente ad un contesto votivo, a quanto si deduce dal confronto con oggetti simili rinvenuti ad Este, Vicenza e Lagole. L’iscrizione viene ripresa, in quanto risulta l’attestazione più antica del culto di Beleno-Apollo portata alla luce nel territorio in esame, da Verzar-Bass, [Verzár-Bass M., Spunti per una ricerca sulla politica religiosa in età repubblicana nella Gallia Cisalpina, in Les èlites municipales de l’Italie péninsulaire des Gracques à Néron, Actes de la table ronde de Clermont-Ferrand (28-30 novembre 1991), sous la direction de M. Cébeillac-Gervasoni, Naples-Rome 1996, p. 222], e viene ricordata, senza però la trascrizione del testo, anche nel volume Altino Preromana e Romana. Belatucadrus = il dio luminoso della giustizia

Beleno nel dialetto ligure

Una sola parola ligure è peraltro conosciuta in tutta Italia, resa certamente famosa da Gilberto Govi, grande attore del teatro dialettale genovese: belin. Non molti sanno che questo attributo genitale maschile, usato “prevalentemente” come interiezione (la Liguria ha il più basso tasso di natalità d’Europa), deriva da Belenus, il dio della fecondazione un tempo adorato sulla costa. Alcuni documenti antichi citano a proposito un luogo fra Ventimiglia e Albenga detto “Costa Beleni”. Sembra fuori dubbio che persino il nome “Belhen” (Ballon) dato ad alcune cime della Foresta Nera e dei Vosgi abbia la stessa etimologia. Chi abbia trascorso un periodo prolungato in Liguria si sarà certo divertito sentendo alcune variazioni folcloristiche sul tema: abelinato, vale a dire privo di belin, significa semplicemente “scemo”, mentre imbelinarsi significa “cadere” o “inciamparsi”.

CARNIA ritorna Beleno

La recente scomparsa di don Attilio Balbusso, parroco di Timau-Cleulis, costringe nuovamente a tornare su un problema assai dibattuto negli ultimi tempi ma che non trova alcuna concreta soluzione nei vertici della Curia udinese. La Chiesa di Carnia soffre dunque non solo del calo demografico dei fedeli ma anche e soprattutto del calo demografico dei preti, che solo in rarissimi casi vengono rimpiazzati. Vediamo nel dettaglio la situazione odierna delle 4 Foranie in cui è suddivisa la Carnia.

[…] Forse sarà un bene per la Carnia restare senza preti, così almeno avrà un senso compiuto il famoso detto friulano: cjargnei cence Diu e cu l’anime di carton. Nel frattempo il dio carno-celtico Beleno, espulso 1300 anni fa dalle nostre Valli, si appresta a rientrare trionfalmente in Carnia sotto mentite spoglie. ttp://www.cjargne.it/zuj/zuj2.htm

Se davvero nella Chiesa vi è fraternità e solidarietà e non si vuole ricacciare le Valli della Carnia nuovamente verso il culto celtico del dio Beleno, occorre che le forze ancora giovani e vitali della Chiesa vengano mobilizzate verso la Montagna vera, quella delle Valli, già abbandonata dallo Stato. http://www.cjargne.it/convegno/convegnomontagna1.htm

FESTE TRADIZIONALI:

LAS CIDULIS Marzo: Forni Avoltri (Ud)

Festa tradizionale della Carnia che consiste nel lanciare da un’altura delle rotelle di legno di faggio infuocate. La cerimonia si rifà ad un rito celtico dedicato a Beleno, Dio del Sole. Il lancio delle rotelle viene fatto dai “coscritz” (le reclute dell’anno) ed è accompagnato da annunci di fidanzamento su una cantilena in dialetto carnico. http://www.parcorurale.com

Beltane e Beleno 004il “Tir des cidules”, rito di origine molto remota che alcuni storici fanno risalire al culto del fuoco, di derivazione celtica, in onore del dio Beleno, re del sole. Con il cerimoniale di sempre, questa caratteristica usanza si svolge sul far della sera, di solito su un’altura che sovrasta il paese: rotelle di legno, “les cidules”, vengono arroventate sul fuoco e poi lanciate dall’altura stessa con messaggi di rito che segnalano le varie coppie di giovani del posto, futuri sposi dell’anno. L’allegria e il divertimento sono poi assicurati da scherzi improvvisati e da ironiche filastrocche recitate dal gruppo organizzatore: tutto rigorosamente nel dialetto locale!

UN PESCE

Dragoncello (callionymus belenus)

Bibliografia

G. BRUSIN

Beleno, il nume tutelare di Aquileia, “Aquileia Nostra”, X (1939 A Rimini, nel XVII° sec. furono trovate le rovine di un tempio dedicato ad Apollo Beleno (R. Adimari; Sito riminese; Brescia 1616, Lib.I p.116). Pare che il tempio sia stato dissotterrato e ritrovato addirittura completo (verosimilmente crollato) e tra le varie parti era l’iscrizione BELEN.U.S . Nei pressi della città romagnola era poi il fundus Beleni (documentato sin dal XI° sec.) presso il quale tuttora esiste una chiesa eretta sui resti evidenti di un antico tempio. Tra l’altro ritornano in questi casi il tema delle fonti, delle dediche a San Giovanni Battista, il culto di Ercole ecc..

http://guide.supereva.it/druidismo/interventi/2005/08/220743.shtml

Bel
Belenus,Belenos,Belinus,Beleno
Dio Irlandese e Gallico.
Dio del fuoco, della luce, della primavera, dei raccolti e della fertilità.

Balder
Nella mitologia nordica, Dio della luce.

Balor
Nella mitologia celtica, dio, re dei Fomori,divinità associate alle tenebre, che possedeva un solo occhio col quale uccideva coloro che fissava. Venne a sua volta ucciso da Lugh.

Cernunnos
Cernowain,Cernenus
Dio Gallico.
In realtà riconosciuto in tutte le tradizioni celtiche, Egli è un Dio della Natura, degli animali, della fertilità,dell'oltretomba e della rinascita. A lui vengono associati il serpente e il cervo. Virile Dio dell'amore fisico, Egli protegge anche i guerrieri e i viandanti, il commercio e i beni materiali.

Lugh
Lud,Ludd,Lleu
Dio Irlandese.
Figlio di Arianrhod, fratello di Dylan, il Dio del Mare, Lugh lo Splendente è il Dio del Sole, protettore dei mestieri, delle arti e dei commerci.
Alcune leggende narrano che suo padre fosse Gwydion, altre che fosse lo zio, e che la madre lo avesse maledetto, privandolo della possibilità di sposare una donna mortale. La leggenda narra che fu Gwydion ad aiutare Lleu, creando per lui dai fiori, una donna bellissima, di nome Blodeuwedd....

Odino
Othin,Wotan,Woden
Dio nordico padre di tutti gli Dei.
Figlio di Borr,il figlio del primo uomo-dio, e di Bestla, figlia di un gigante. Egli rappresenta ogni cosa e anche il suo opposto: infinitamente buono e infinitamente crudele, dio della guerra e della pace, dei vivi e dei morti. Egli possiede due corvi, che gli portano le notizie dal mondo ed è il più saggio degli Dei, poichè diede in pegno un suo occhio per poter bere dal pozzo di Mimir. Fu lui a trovare le Rune e a portarle agli uomini.

Beleno in Francia è un altro protagonista della venerazione del popolo celtico-cristiano. Viene associato a san Michele Arcangelo, l’angelo guerriero che brandisce la spada ed abbatte il dragone, a cui sono dedicati numerosi santuari in tutta Europa, come quello famoso di Mont-St.-Michel, in Francia, un tempo luogo sacro ai Druidi con il nome di Mont Bélaine, il Monte di Belenus.
Parrebbe infatti che l’angelo della tradizione cristiana incarni le caratteristiche del dio luminoso Lugh-Belenos, un dio che esprimeva la funzione guerriera e sacerdotale.
Così non vi è stato bisogno di un gran cambiamento, in un periodo di conversione dei tempi pagani in luoghi di culto cristiani, per farne di queste divinità celtiche come Belenus un San Michele Ministro delle collere divine in un tempio sacro ai Druidi.
Vi è anche un collegamento con il nostro territorio chiamato “Gargano”.

Per approfondire :

https://www.venetostoria.com/?p=5139

http://ontanomagico.altervista.org/festa-san-michele.htm

https://axismundi.blog/2016/07/31/la-festivita-di-lughnasadhlammas-e-il-dio-celtico-lugh/

mercoledì 11 settembre 2019

LA STIRPE DI DIO E LA STIRPE DI SATANA. LA STIRPE DI ADAMO E LA STIRPE DI CAINO .

Adamo ed Eva vengono visti come personaggi immaginari, cosi come tutte le storie a loro connesse, compreso il loro esilio dal paradiso terrestre. Niente di più falso.

Adamo ed Eva sono personaggi realmente esistiti in quanto da loro è nata una discendenza ed è menzionata nella scrittura una genealogia, precisamente nel quinto capitolo del libro della Genesi.

Il racconto a loro inerente è altrettanto reale in quanto ha attinenza con tutta la scrittura e ci sono degli elementi profetici che riguardano eventi futuri  1

La via della perdizione, che appare sempre appagante e attraente rispetto alla via spirituale e della santità, che a volte comporta sacrifici e rinunce.
Adamo ed Eva, secondo quando la Bibbia dice, sono stati collocati da Dio nel giardino dell’Eden2, un territorio situato ad oriente di Israele (Gen 2:8).

Il giardino dell’Eden si presume fosse una zona molto fertile, dal quale partiva un fiume che si divideva in quattro fiumi: Pison, Ghicon, Tigri ed Eufrate (Gen 2:10-14). In base a queste indicazioni il giardino dell’Eden era probabilmente situato nella zona della Mesopotamia meridionale.

Non è possibile che la storia di Adamo ed Eva sia un racconto inventato, in quanto si basa su luoghi storicamente e geograficamente fattibili. Se fosse stato un racconto di fantasia non ci sarebbe stata cura nei dettagli per presentare il luogo dove sono avvenuti i fatti.

Dalla scrittura noi leggiamo che Dio pone Adamo nel giardino dell’Eden (Gen 2:15).
Nel giardino dell’Eden Dio dette delle indicazioni ad Adamo riguardanti il “non mangiare” un determinato frutto (non viene specificato se si tratta di una mela, un kiwi, una banana, un fico d’India o quant’altro) da un determinato albero (Gen 2:16-17) che Egli chiamò col nome di: “albero della conoscenza del bene e del male”.

Egli chiamò col nome di: “albero della conoscenza del bene e del male”. In tutti i libri di botanica non esiste nessun albero con questo nome. Questo ci porta a pensare che l’albero menzionato da Dio non era necessariamente una pianta ma qualcosa di diverso.

Notiamo che in questo giardino dell’Eden subentra una terza figura, ossia il serpente. Il serpente viene definito come la più astuta dalle bestie selvatiche (Gen 3:1).

La domanda che viene fuori è questa: Il serpente menzionato in Genesi si tratta realmente di un serpente come quelli che conosciamo noi oggi? Un rettile strisciante?

No, affatto, per motivi evidentissimi. I serpenti normalmente sono rettili striscianti, non sono più intelligenti di altri animali presenti sulla terra e soprattutto non possono parlare.

Il “serpente” menzionato in Eden invece non solo è molto intelligente rispetto a tutti gli altri animali ma è pensante come l’uomo, se non di più, e ha la capacità di parlare.

Il “serpente”, menzionato nel terzo capitolo della genesi, non aveva quindi forma rettiliana ma era molto più simile ad un uomo che ad un rettile. Una sorta di umanoide.

Il “serpente” lo troviamo anche in altri contesti della Bibbia (Is 27:1; 2Cor 11:3; Ap 12:9; Ap 20:2). Notiamo ancora che il serpente  3 rappresenta l’avversario di Dio, ossia Satana in persona.
Codesto serpente tentò Eva, spingendola a infrangere la regola che Dio aveva dato all’uomo (Gen 3:4-5). Successivamente cadde anche Adamo.

Entrambi mangiarono quindi il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male e di conseguenza vennero cacciati dal giardino dell’Eden (Gen 3:23).
Una fine diversa venne data al serpente, che da quel momento in poi venne maledetto e costretto a strisciare sul proprio ventre, assumendo le sembianze di un serpente come quelli che noi conosciamo, perdendo ogni somiglianza con l’uomo (Gen 3:14).

Quindi Adamo ed Eva furono cacciati dal giardino dell’Eden perché mangiarono qualcosa che non avrebbero dovuto, infrangendo la regola di Dio, oppure quel mangiare rappresenta qualcos’altro ?

Il mangiare il frutto nel contesto di Genesi equivale a disubbidire a Dio e ad uscire dalla sua grazia, spezzando la comunione con Dio. L’intesa che c’era tra Adamo, Eva e il loro creatore viene quindi spezzata.






Ricapitolando: Dio disse loro di non mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male poiché se l’avrebbero fatto sarebbero morti.
Analizziamo la questione ponendoci ulteriori domande.
Qual’è la cosa che spezza il legame con Dio? La disubbidienza, ossia il peccato.

Il peccato in che cosa consiste ? Nel mangiare banane o pere oppure in comportamenti attinenti al volere di Dio ? Consiste nel commettere azioni impure, che non piacciono a Dio.

Quando il serpente tentò Eva gli disse che lei non sarebbe morta ma che sarebbe diventata come Dio, conoscendo il bene e il male (Gen 3:4-5). Questo è avvenuto ma con delle conseguenze catastrofiche.

Importante notare cosa disse Dio dopo che Adamo ed Eva vennero allontanati: «Ecco l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre!» (Gen 3:22)

L’Eterno Dio si pronunciò in questo modo per precludere la vita eterna all’uomo orm

ai impuro e corrotto e quindi indegno di avere vita eterna. Notiamo che la scrittura dice “non stenda più la mano e non prenda” quasi come a fare riferimento al mangiare una sorta di mela da un albero. In realtà quel linguaggio ha un significato simbolico e si ritrova nella scrittura più di una volta.

Molto spesso noi troviamo scritto nella scrittura, più precisamente nel vangelo di Giovanni, le seguenti diciture: “chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna“, e anche: “ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna (Gv 6:54; 4:14).

Notiamo quindi come mangiare e bere non si riferiscono mai al mangiare o bere qualcosa in senso letterario ma sempre in senso spirituale e simbolico. Stesso discorso va fatto per quello che viene detto in genesi. Sappiamo quindi che quando in Genesi troviamo scritto “mangiarono il frutto” è un pò come dire “commissero un determinato tipo di azione”, un azione che poteva essere buona o cattiva.

Il mangiare dall’albero della conoscenza del bene e del male corrispondeva ad un azione cattiva, in quanto l’uomo con la conoscenza del bene e del male avrebbe corrotto la propria anima e la propria mente.

Nonostante tutto Eva obbedì al serpente, non tanto per diventare come Dio, ma per un motivo molto più carnale, oserei dire.

La scrittura dice che Eva venne sedotta (Gen 3:13; 2Cor 11:3) e di conseguenza trovò appagante quell’albero dal quale Dio l’aveva messa in guardia (Gen 3:6). Ella vide che l’albero era buono, piacevole agli occhi e desiderabile per rendere intelligenti o acquistare saggezza4 e decise quindi di prendere un frutto e mangiarlo.

Fermiamoci qui e riflettiamo su questo, ribadiamo su questo concetto in modo che sia chiaro.
E’ possibile diventare più intelligenti o saggi mangiando per esempio una mela? No, assolutamente.

Inoltre è importante che la mela che stiamo mangiando appaia bella alla vista?

Non è rilevante, in quanto potrebbe essere buona e avere un buon sapore ed essere brutta esteticamente.

Come facciamo inoltre a sapere se è buona, appagante e gustosa se non l’abbiamo ancora assaggiata?

Non possiamo, a meno che non si tratti di qualcosa che possa apparire vivo alla mente. Qualcosa riguardante un azione che si sta per compiere.
Notiamo che quando Eva ebbe mangiato di quel frutto ne diede anche ad Adamo 5. Se si fosse trattato di una mela ne avrebbe raccolta un altra.

Magari poi ne avrebbero raccolte una ventina e si sarebbero fatti una scorpacciata. Invece da quanto è scritto si sono limitati ad un frutto specifico.
Notare come Dio diede un ordine specifico dicendo:  “del frutto …” non disse mai “i frutti …”. Inoltre egli disse “non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare”. Era proibito perfino toccarlo. Per tal motivo non poteva trattarsi di una mela.

Mangiare il frutto quindi corrisponde a compiere un azione, mentre toccare il frutto significa desiderare di compiere quella determinata azione. Sappiamo dalla scrittura che il semplice desiderio, la concupiscenza, rappresenta già di per se un peccato (Mt 5:28; Gc 1:14-15; Rm 7:7; 1Gv 2:16).

Arriviamo al dunque. Di che cosa si tratta quel frutto? Cosa è successo nel giardino dell’Eden?

Ha avuto luogo il primo adulterio della storia. Eva ebbe un rapporto sessuale col serpente e successivamente con Adamo.
Sapendo che Eva era stata creata da Dio per Adamo ella era sua moglie (Gen 2:25). Sta scritto che entrambi era nudi e non si vergognavano.

Molto importante notare che quando commisero l’infrazione si accorsero di essere nudi e con delle foglie di fico si fecero delle cinture (Gen 3:7). Sappiamo che la cintura si mette attorno alla vita e la foglia di fico la usarono per coprirsi gli organi genitali. Le parti del corpo con la quale avevano peccato. Successivamente si nascosero dal loro creatore. Il fatto di nascondersi è dovuto al rimorso di aver fatto qualcosa che non dovevano. A quei tempi il Signore Dio camminava anch’egli nel giardino in forma umana (Gen 3:8).








Molto sciocca la risposta che Adamo diede a Dio quando scoprendolo nascosto gli chiese cosa stava facendo e lui gli rispose che si era accorto di essere nudo e si era nascosto per la paura (3:10). Evidentissima era la paura che Dio scoprisse quello che aveva fatto ma, il fatto di essere nudi era solamente una scusante. Adamo riferì di aver peccato per colpa di Eva (Gen 3:12). In effetti il peccato venne causato da Eva e non da Adamo (1Tm 2:14). Il serpente sedusse Eva ed ella ebbe con lui una relazione sessuale, commettendo adulterio. Adamo scoperto ciò non denunciò la cosa ma fece anche lui l’amore con lei, rendendosi complice di un adulterio. La legge di Dio dice che una donna che tradisce un uomo non è più sua moglie (Es 20:14; Lv 20:10). Adamo avrebbe dovuto riferire a Dio questo fatto, ma egli amava Eva e di conseguenza invece di denunciarla si accollò il suo peccato e si unì a lei carnalmente.

Che cosa rappresenta l’albero della conoscenza del bene e del male?
Esso rappresenta la via della perdizione, del male e quindi della morte. Troviamo scritto che in Eden vi erano due alberi (Gen 2:9): uno della vita (Gen 3:24) e l’altro della morte6.

Quello della morte rappresenta le scelte sbagliate che pongono l’uomo in condizione di rimorso e antagonismo verso Dio. I desideri della carne opposti a quelli dello spirito (Gal 5:6; Ef 2:3; 1Pt 2:11), essi creano un distacco spirituale e quindi sono causa di morte.
L’albero della vita non era propriamente un albero neppure quello, ma rappresentava comunque l’accesso al regno dei cieli. E’ scritto che esso era sorvegliato da dei cherubini e si trovava al centro del giardino.

Adamo ed Eva erano stati creati a immagine e somiglianza di Dio, probabilmente immortali ed evidentemente non erano soggetti ad invecchiamento e non conoscevano la fatica e il dolore. Con la loro dipartita essi divennero mortali e soggetti a fatica, sofferenza e dolore. Questo lo si comprende dal momento in cui vennero cacciati dal giardino.

Ad Eva gli vennero annunciati i dolori del parto e il suo ruolo di moglie (Gen 3:16), questo ci fa anche comprendere che quando venne cacciata era incinta. Ad Adamo venne invece detto che avrebbe guadagnato il cibo lavorando la terra e coltivandola (Gen 3:17-19; 3:23).

Sempre in Genesi, al terzo capitolo, quando Dio maledisse il serpente trasformandolo in un rettile, profetizzò il suo destino con queste parole: “Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”.
Questa profezia parla appunto di eterna inimicizia tra la donna e il serpente. La donna qui menzionata rappresenta la chiesa di Dio, la sposa di Cristo o corpo di Cristo.

La donna viene menzionata molto nel libro dell’apocalisse. Specialmente nel capitolo 12. Con essa viene menzionato un dragone o serpente. L’eterna lotta tra Satana, Dio e i suoi figli.
I figli di Dio, la stirpe della donna, sono coloro che hanno creduto, vivono in obbedienza alla parola e hanno accettato il messia e i profeti e tutto quello che proviene da Dio.

I figli del diavolo, o figli d’ira, appartengono alla discendenza di Caino. Costoro sono ostili a Dio, come il loro padre Satana (Gv 8:44; 1Gv 3:10; Ef 2:3). Essi non praticano l’amore fraterno, sono inclini al peccato, non si interessano di piacere a Dio e talvolta scherniscono i credenti e ne sono infastiditi.

Quando venne scacciata dall’Eden Eva ebbe due figli, di due padri diversi: Caino e Abele. Il primo ammazzò il secondo in quanto figlio di Satana. Dio marchiò Caino affinché nessuno lo uccidesse (gen 4:15) ed egli ebbe una discendenza (Gen 4:17-18). Notare che in Genesi 5 troviamo la discendenza di Adamo e Caino non rientra in quanto non è figlio suo. (Gen 5:1).

Molti cristiani affermano che Caino e Abele erano entrambi figli di Adamo ed Eva, in quanto non credono alla storia del rapporto sessuale di Eva col serpente.
Esiste però un accorgimento che ci fa notare che Adamo era, si, padre di Abele ma non di Caino. Eva era invece madre di tutti i viventi (Gen 3:20).

Per esempio se Caino fosse stato figlio di Adamo ed Eva non avrebbe ucciso suo fratello, in quanto Adamo ed Eva non erano stati creati con indole omicida. Tale indole Caino poteva averla eredità solo da suo padre, ossia Satana, il serpente.








Quasi tutti affermano che Caino ed E
Abele erano gemelli. Ciò è possibile ma la Bibbia non lo specifica. Infatti è scritto che Eva partorì prima Caino e poi suo fratello Abele. Sappiamo che Eva conobbe7 suo marito Adamo quando erano ancora nel giardino dell’Eden, come ho anche affermato in precedenza8 e quando ne furono usciti (Gen 4:1).

E’ altresì possibile che Caino ed Abele fossero gemelli di una sola madre e di due padri diversi. Un caso di superfecondazione che è stato confermato dalla scienza medica.
Esiste un altro accorgimento che ci fa comprendere che Caino non era figlio di Adamo e riguarda la nascita di Set. La scrittura dice che Set venne dato alla luce per permettere ad Adamo di avere una discendenza in quanto Abele, suo unico figlio fino a quel momento, era stato ucciso (Gen 4:25). Successivamente Adamo ed Eva ebbero altri figli e figlie.
A questo punto un altra domanda che sorge spontanea è questa: perchè Satana ha voluto fecondare Eva? Perchè semplicemente non poteva inviare se stesso in forma umana come fece Dio col Signore Gesù Cristo in quanto Satana non è portatore di vita; egli può solo insozzare e pervertire la vita. Cosi fece attraverso Eva. Inviò la sua semenza, per creare una sua stirpe, ibridizzando l’umanità e condannandola al peccato

          LA PERDITA DELLA PUREZZA

Il peccato originale è l’eredità che abbiamo avuto da Adamo ed Eva? No, non è questo. E’ semplicemente la perdita della purezza da parte del genere umano dentro il DNA. Quindi nel mondo troviamo persone (sia uomini che donne) che sono nati con tendenze ad azioni malvagie, prive di rimorsi, e altre che invece sono più incline a fare la volontà di Dio.

A questo punto per rendere chiara la questione a chi avesse ancora dei dubbi mi permetto di aprire una parentesi sull’albero. E’ vero che Dio mandò Adamo nel paradiso terrestre dicendogli che ci sarebbero stati alberi dal quale avrebbe potuto nutrirsi e mangiarne i frutti (Gen 1:29). Infatti in quel modo Adamo non avrebbe avuto bisogno di coltivare la terra per procurarsi il cibo. Fin qui ci siamo.
E’ anche vero però che non tutti gli alberi di cui parla la Bibbia sono delle piante.

Perfino la parola “frutto” nella Bibbia non si riferisce sempre e solo al cibo.

Per esempio nel libro dei salmi viene fatto un paragone tra un uomo di Dio e un albero che produce buoni frutti (Sal 1:1-3); nel libro dei proverbi si parla, invece, dell’albero della vita paragonandolo alla sapienza, al frutto del giusto, ad un desiderio soddisfatto e ad una lingua dolce (Pr 3:18; 11:30; 13:12; 15:4).

Nel libro di Ezechiele, precisamente alla fine del capitolo, si parla di alberi. “Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l’albero alto e innalzo l’albero basso; faccio seccare l’albero verde e germogliare l’albero secco. Io, il Signore, ho parlato e lo farò»” (Ez 17:24).

Quale vegetale può essere umiliato o comprendere qualcosa riguardo Dio ? Nessuno. Infatti gli alberi qui menzionati non rappresentano delle piante. Possono essere paragonati a uomini o volontà di uomini. Infatti la scrittura dice più volte che Dio mette gli ultimi al posto dei primi, innalza gli ultimi e abbassa i potenti.
Per quel che riguarda i frutti o il frutto vediamo in deuteronomio che il frutto viene identificato e distinto in: frutto del grembo, frutto del bestiame e frutto del suolo (Dt 28:4; 28:11; 30:9).
Il frutto delle proprie azioni lo troviamo menzionato in Geremia (Ger 17:10; 21:4; 32:19).

Nel nuovo testamento troviamo la distinzione tra frutti buoni e frutti cattivi, alberi buoni e alberi cattivi (Mt 7:17-18; Gc 3:17). Anche in questo caso non si tratta di piante ma di azioni.

             IL DILUVIO UNIVERSALE

Quale insegnamento è possibile trarre da questo? Che l’albero dal quale mangiarono Adamo ed Eva non era semplicemente una pianta da dove colsero del cibo ma un azione che portò a delle conseguenze. Il frutto, in quel caso, va visto come “il frutto delle proprie azioni”, un azione cattiva raccolta da un albero cattivo.

Molti di coloro di quelli che non credono alla storia della semenza del serpente e della discendenza di Satana affermano che dopo il diluvio universale si sono salvati solo i figli di Dio e tutta la stirpe di Satana è perita. Infatti Dio mandò il diluvio proprio per quello scopo: uccidere i malvagi (Gen 6:12-13).

La scrittura dice che prima che Dio mandasse il diluvio sulla terra molte erano le persone malvagie e inoltre vi era stata mescolanza dei figli di Dio coi figli del diavolo, i discendenti di Caino (Gen 6:2).

In questo passo di Genesi capitolo 6 si parla di mescolanza tra figli di Dio e figlie degli uomini. I figli di Dio non sono angeli in quanto gli angeli non sono figli ma creature create e non si possono riprodurre. I figli di Dio erano i figli di Adamo mentre le figlie degli uomini erano le figlie di Caino e dei suoi figli.

In questo modo la razza umana si era ibridizzata.

Ovviamente Dio, tramite il diluvio, non avrebbe potuto uccidere i figli della discendenza di Adamo. Ragion per cui decise di Salvare Noè e la sua famiglia che rappresentavano quei pochi rimasti ancora fedeli a Dio (Gen 6:18; 7:7).

Nonostante tutto la semenza del serpente entrò nell’arca attraverso le mogli dei figli di Noè, allo stesso modo in cui Eva contenne il seme di Satana per dare alla luce Caino.

Noè si arrabbiò con Canaan figlio di Cam per un comportamento che ebbe, poco rispettoso (Gen 9:20-25). Questo lo delinea come appartenente alla stirpe di Satana. Nonostante il diluvio il male non venne spazzato via ma una parte di esso rimase ed ebbe una propria discendenza.

Alla luce delle scritture comprendiamo che dai tre figli di Noè: Cam, Sem e Jafet discende tutta l’umanità.
Successivamente Dio fece un patto dicendo che non avrebbe mai più mandato un diluvio con l’intento di sterminare ogni essere vivente (Gen 9:15).

In cuor suo Dio aveva già preparato un salvatore per l’umanità. Egli, il verbo, si fece carne in veste del Signore Gesù Cristo come affermano le scritture per riscattare l’umanità e riconoscere la propria stirpe dalla stirpe di Satana, al quale avrebbe scacciato e la testa ed egli avrebbe insidiato il calcagno.
Questo è quanto avvenne.

Amén

fonte : https://aquiladidio.it/2017/10/14/la-stirpe-di-dio-e-la-stirpe-di-satana/